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Ebbrezza

Da questo doppio turno elettorale sembra quasi di poter azzardare l’ipotesi che gli italiani siano da oggi un po’ più di sinistra, seppur contravvenendo alle intenzioni di buona parte della maggioranza di screditare la taratura politica delle recenti amministrative e dei referendum appena conclusi. Perché i presupposti ci sono e sono oltremodo eloquenti. Non si era mai vista una Milano gremita di vessilli tinteggiati di rosso vermiglio, né s’erano mai viste donne e uomini d’ogni età improvvisarsi in danze sfrenate sulle note di Bella Ciao, adombrati dalla proiezione del Duomo sulla piazza e festanti in un delirio collettivo di sciamanica memoria. Così come non si erano mai viste tante iniziative spontanee di mobilitazione e di propaganda come in vista di questi ultimi referendum, i cui successi non decretano a priori il tracollo del berlusconismo, ma che senza ombra di dubbio suggellano la forte convinzione che qualcosa stia finalmente fermentando in questa botte di vino che ha la forma di uno scarpone e che è intimamente un po’ l’orgoglio di tutti noi, soprattutto in occasione di una buona annata. Ma ciò che davvero non si era mai visto era l’atavico senso di responsabilità civica che è trapelato dalla partecipazione alle ultime valutazioni amministrative e dal più recente responso plebiscitario, quasi a testimoniare che non esistono giudizi più affrettati e inattendibili di chi non ha avuto la cautela di tenere in esame anche l’ipotesi di un’obiezione direttamente proporzionale ad una fase politica (ormai trascorsa?) in cui la saturazione è ai suoi massimi vertici. Insomma, parrebbe proprio un’avvertenza ai farneticanti emissari della propaganda di stabilità del governo: mai tirare le fila della partita fino a quando non è l’arbitro a fischiare il novantesimo minuto. Certo, vale anche per l’opposizione. Ma forse potremo chiudere un occhio se questa sera le piazze saranno gremite di cittadini entusiasti, accorpati da un comune senso di orgoglio nell’essere stati protagonisti di questo prezioso trionfo democratico e se invece di atteggiarsi da politicanti gauche, ingessati in abiti d’altri tempi e dalle fantasie rigorosamente geometriche, si concederanno un’espressione ebbra, magari ebete, ma squisitamente spontanea. In fondo è un altro giorno di festa.

Ho recentemente finito di leggere un libro di Armando Matteo intitolato “La prima generazione incredula, il difficile rapporto tra i giovani e la fede”. Al di là del discorso – peraltro molto interessante – sul necessario cambiamento di cui ha bisogno la nostra beneamata Chiesa, vorrei condividere con voi alcuni spezzoni, che a mio avviso riassumono una delle tesi più interessanti del libro: viviamo in una “società della pietra filosofale”, dove si vuole essere giovani a tutti i costi, e a causa di questo vengono svantaggiati i giovani stessi.

E’ sotto gli occhi di tutti: il potere è in mano ai vecchi. La politica è diventata un universo talmente lontano ed estraneo che ce ne disinteressiamo completamente. Ce l’hanno fatta. Ci stanno spersonalizzando, ci vogliono spremere con la loro industria, vogliono annullare il nostro amore per la conoscenza. Vogliono macchine, meccaniche mucche da mungere a vita per pagare la loro pensione. Ricordatelo: è l’istruzione a cambiare le cose. E guardatelo in faccia: un sistema educativo che non funziona, con tempi troppo lunghi, sconnesso dal mondo lavorativo, fatto per gli insegnanti e non per gli studenti.

Insomma, una parassitizzazione dei giovani.

Perché anche quando comprate i vostri cazzo di vestitini firmati, sì, anche quello è sfruttamento!

Per chi non l’avesse ancora fatto, si svegli fuori, o si sveglierà già morto.

[…] Quello attuale è poi un universo culturale che risulta prigioniero del culto della giovinezza e dell’incensante corsa verso di essa, alimentata da un’industria dal profilo tecnologico avanzatissimo, il che spinge la sua componente adulta a nutrire nei confronti di quella giovanile un autentico risentimento per l’effettivo vantaggio di quest’ultima nell’impossibile competizione. E’ sulla base di questi elementi che si comprende pure la scarsa attenzione infine prestata alle autentiche prerogative dei giovani, origine ultima di un’emergenza educativa  […]. ”

E vi lascio con delle domande, sempre tratte dal libro.

“ […] Si può andare oltre questa semplice analisi e previsione? Vi è ancora spazio per una profezia possibile, cioè per un discorso sul e al futuro diverso? […] Troverà il coraggio della denuncia di un mondo adulto eccessivamente malato di protagonismo, avidamente seduto su se stesso, parzialmente depravato e corrotto, sicuramente accecato e succube delle sue stesse illusioni? Saprà trovare il coraggio di una prossimità interessante e interessata verso questa generazione incredula e di una battaglia – culturale, si intende – perché essa veda pure sbloccate le sue qualità sottratte? […]

Pensateci.

Sapete cosa è tutto questo?

L’omicidio quotidiano della verità.

(frase tratta dal bellissimo film “Into the Wild”)

No, non c’è Vittorio Sgarbi tra le menti de ” Lo Spaccio della bestia trionfante”, quindi smettetela di chiedere inutilmente un suo autografo o di lasciare reggiseni nella nostra casella e-mail. Questo solo per sottolineare l’evidenza: il nostro blog ha avuto ( e ha ) più seguaci dell’ ultimo programma dell’onorevole in prima serata. Ma il vero motivo celato dietro questa precisazione è che vorrei slegare una volta per tutte questo blog dall’oscena biennale venexiana. Se dei piccioni imbalsamati sono il massimo della provocazione che l’Italietta dell’arte è in grado di proporre, perché non farla diventare una quinquennale? Ora spero che il buon Cattelan non ci lascerà un commento piccato ai piedi del post, perché non accetterò alcuna tenzone che possa, in qualche modo, aumentare la sua popolarità. In fin dei conti quest’ idea di inaugurare un luogo virtuale solo per l’università di Udine e i suoi comprimari non ha nulla a che vedere con il solipsismo onanistico che mi\ci anima. E’ molto più semplicemente il nostro modo di dimostrarvi che noi le cose le sappiamo fare. E che l’università, soprattutto quando trattasi di università umanistica, può avere metodi propri per esprimere opinioni di qualsivoglia natura. E anche se i più intransigenti professori ottuagenari non saranno d’accordo su questo metodo, dovranno mettersi l’animo in pace: il coetaneo Jacopo Ortis ha decisamente fatto il suo tempo. E posteitaliane potrà tirare un catartico sospiro di sollievo, tra l’altro. Non me ne voglia il professor C. Grey, detto Gandalf il Griggio, ma dopo lo scandalo scommesse che sta per l’ennesima volta insozzando il mondo del pallone, ho deciso di buttare tutti i suoi appunti. L’unica ragione che mi spinge a farlo è che non trovo alcuna corrispondenza tra il 4-4-2 e l’Inferno dantesco, se non l’aggiornare l’elenco dei dannati per avarizia del nome di Beppe Signori e compari.

E una volta per tutte: noi esistiamo. O perlomeno io so di esistere. Non siamo il frutto della vostra mente priva di iniziativa e nemmeno il materializzarsi delle vostre paure più recondite. So per certo che qualcuno di voi è così terrorizzato dal venir nominato in questo blog, dall’aver tirato la giacca a qualche magister pur di smascherarci. Non scambiate il nostro mimetismo per vigliaccheria. Io, ad esempio,  sono campione mondiale di fuga sui tronchi e difficilmente mi prenderete. Ma la volontà di rimanere anonimi è indissolubilmente legata alla volontà di dire esattamente ciò che pensiamo nella maniera a noi più consona. E cosa pensiamo? Bella domanda, monsieur Descartes. Io ad esempio penso che il tic della professoressa Juntinis (detta Giuntini al Puntino) sia sexy. E penso che le molte persone che hanno scelto Lettere solo perché notoriamente più facile di Astrofisica spaziale o perché è una facoltà tappabuchi dovrebbero dedicarsi alla lucidatura delle piste da bowling (bowling 71 viale palmanova, 166 Udine). E prima di sentenziare che le lezioni del professor Lotti (tutti in campo con)  sono noiose, dovrebbero ponderare il fatto che se fossero nate a Colchester nel 1667 e avessero avuto la possibilità di studiare a Cambridge sotto Isaac Newton, avrebbero saputo che Newton, nella sua esistenza, ha sorriso con la stessa frequenza con cui Berlusconi ammette i propri errori politici. O le volte in cui Mariastella Gelmini s’è domandata chi glielo abbia fatto fare di riformare . Sempre troppo poche, ma in numero sufficiente per poter asserire con sicurezza che non si tratta di una casualità.

Champions League

Noi della redazione de “Lo spaccio”, dopo un conclave mattutino, durato la bellezza di 21 minuti, tempo necessario affinché il caffe’ facesse effetto sull’intestino, abbiamo risolto l’annoso contenzioso che vede da una parte schierata la società Udinese Calcio e il comune di Udine, in merito alla costruzione del nuovo stadio. Le soluzioni percorribili, sempre nel rispetto delle politiche ambientali che dicono No alla Tav tra Feletto e Martignacco, sono le seguenti.

1) Il primo stadio modulare costruito sul tetto del Città Fiera. Dopo aver fatto vedere le planimetrie ad un bidello dello Ial rimane il dubbio su come sfruttare la piramide in vetro-resina. C’è chi sostiene possa venir utilizzata come tribunetta V.i.p. solo che le very important persons ad Udine scarseggiano. Jacques Sounier, il direttore del museo etnologico friulano, invece propone di utilizzarlo come ingresso del Louvre. L’industria hollywoodiana avrebbe già chiesto al sindaco Furio “La Furia”, vezzeggiativo che il primo cittadino s’è guadagnato per il suo implacabile impegno nei buffet ufficiali, di usare la piramide in ogni film action con Bruce Willis. Alfonso Pecoraro Scanio, leader di un partito che non raggiungerà mai lo sbarramento, avanza l’ipotesi di fornire allo stadio un manto erboso artificiale totalmente in fotovoltaico, mentre la piramide consiglia di riconsegnarla all’Egitto.

2) La mascotte della birra Moretti, che per par condicio quest’anno verrà interpretata da una splendida Mariangela Melato con i baffi, l’ammazzavampiri, in nome della spa che rappresenta ha proposto al sindaco di costruire lo stadio all’interno della fantastica fontana di piazzale XXVI luglio. Il sovrintendente alla costruzione della metropolitana di Udine ha però cassato immediatamente il progetto in quanto ritiene che scavando ancora più a fondo si potrebbero rinvenire i resti dei “Frizzi, Comini e Tonazzi” o le antiche vestigia di un antichissimo negozio di cineserie mongole, il Bai Li Market Center, sprofondato negli abissi a causa di una zampata di Nessie, cucciolo di mostro, in vacanza alle risorgive di Codroipo.

3) Utilizzare la sede attuale dell’Università di Lettere e Lingue, attualmente sita in palazzo Prospero Antonini. Già pronti i sit-in di protesta degli studenti che non saprebbero più dove prendere il sole. Il capo degli ultrà degli studenti, Lavinia Gervasio e la sua compagna, Fernanda, hanno avanzato alcune richieste che ritengono “sine qua non”. Un accesso privato alle macchinette del caffe’, uno stagno con dei cormorani e il posto macchina privato per Andy Tabbarroni, mascotte dell’Udinese Calcio e, a tempo perso, preside della fuckoltà di Lettere.

4) Per tre anni mantenere l’attuale sede di Udine come ufficiale, al termine dei quali spostarsi a Trieste per il biennio della specialistica. Entusiasta la senatrice degli studenti Ana  O’ dorico che proclama:<< Tanto me ne sarei già andata>>.

5) Piazza Primo maggio come campo di gara, con attorno 3 piste d’atletica concentriche. Gli spalti verrebbero posizionati in Castello e gli spogliatoi ai Piombi. Rimane il sospetto che nei secondi tempi, i giocatori dell’Udinese potrebbero presentarsi visibilmente avvinazzati. Insorge il comitato delle sorelle del convento di Santa Maria delle Grazie, capeggiata da Suor Caterina Val Furva che ritengono il gioco del calcio, con i pantaloncini corti e quegli addominali definiti, troppo sacrilego. La rassicura il capo della Nord Kaos dei tifosi friulani, Konan il Longobardo:<< Urleremo sempre e solo ‘Porco Zio’ ad ogni gol mangiato da Di Natale>>. Risponde suor Caterina:<< Solo se le sostituzioni verranno recitate in latino dallo speaker>>. << E anche in greco>> ribatte il preside del liceo classico J.Stellini.

Pirle di saggezza

Questa volta non voglio scrivere un articolo completo.

Voglio limitarmi ad esporre alcuni pensieri in forma di “massima”.

Sono proposte, spunti dialettici, pensieri che necessitavo razionalizzare su carta. Vorrei condividerli con voi.

Potrebbero apparire banali, scontati, oppure non esserlo affatto.

Mi auguro possano essere uno spunto di riflessione per tutti, e spero possano produrre altre catene di pensieri, non per forza ordinati. I miei non vogliono esserlo. Aspetto quindi le vostre opinioni, le vostre critiche, le vostre proposte.

Non siamo forse qui per questo?

Mai aspettarsi assolutamente nulla dagli altri, e credere in se stessi. E’ l’unico modo per realizzarsi: non aspettarsi mai la comprensione o l’aiuto altrui. Rimboccatevi le maniche, e chiedetevi a fine giornata se siete contenti di quella giornata. Potrebbe essere l’ultima.

Mai lasciare che qualcuno prenda le decisioni per voi. Sganciatevi dal giudizio altrui, in primis da quello delle persone a voi più vicine, coloro che hanno più potere su di voi. La vita è solo vostra. Non sprecatela.

Gli unici in grado di capire qualcosa di noi, siamo noi stessi. E nemmeno noi possiamo capirci fino in fondo. Perciò non badate alle critiche distruttive, alle opinioni di chi vi invidia o vi vuole demolire solo per il gusto di farlo. Ascoltate solo ciò che può essere utile per voi stessi e per migliorarvi. Siate forti: vogliatevi bene, abbiate pazienza con voi stessi, concedetevi i vostri spazi, datevi delle opportunità. 

Non perdete tempo. E’ più facile cambiare la vostra opinione che quella degli altri. Lasciate che gli stupidi cuociano nel loro brodo. E se ritenete qualcuno intelligente abbastanza da potervi ascoltare, tenete sempre conto che nessuno, per quanto vicino o affine, potrà mai capirvi del tutto.

In amicizia, in amore, in famiglia: non potrete mai entrare nella testa dell’altro. L’amore deve forse spiegazioni? Imparate ad accettare voi stessi, e così anche l’altro. Non abbiate paura di amare l’ignoto.

Non date mai spiegazioni. E se pensate che qualcuno le meriti, non aspettatevi comprensione.

I pensieri possono guidarci, ma sono le azioni a cambiare le cose.

Se volete che le cose cambino, partite da voi stessi. Ogni gesto, per quanto piccolo, produce un effetto.

Radio Guerrilla

Per chi, come me, ha sempre nutrito un interesse viscerale per un certo modo di fare politica, ossia la politica partecipativa, quella che preferisce scendere nelle piazze e sfilare alla testa di un lungo serpentone di manifestanti piuttosto che dispensare giudizi dell’alto di un predellino, quella politica che preferisce schierarsi dalla parte degli oppressi piuttosto che da quella degli oppressori e che rifiuta la logica dell’utile compromesso a vantaggio di quell’autenticità, sempre più sofferta, che è la più alta forma di onestà nei confronti del proprio elettorato e della propria stessa militanza, non può non sentirsi coinvolto dai fatti delle ultime ore. E non sto parlando (soltanto) dei rocamboleschi tentativi di far quadrare una riforma della giustizia che di giusto ha ben poco, né tanto meno delle fastidiose provocazioni di un manipolo di alienati, che nell’assecondare i deliri del premier contro la magistratura ha invocato l’allontanamento delle BR dalle procura. Perché sarebbe inutile precisare che di magistrati, le BR, ne hanno freddati a decine. Come sarebbe inutile dimostrare che nessuna legge vieta ai pm di assecondare una scelta politica, e che questo non potrebbe in alcun modo ledere al naturale decorso del processo, se le prove della difesa fossero schiaccianti contro ogni legittimo dubbio. Perché pare che ai fatti qualcuno preferisca le giustificazioni e i teatrini d’avanspettacolo. E non rientra certo tra le mie competenze la facoltà di convincerli del contrario.
Ciò a cui voglio fare riferimento, piuttosto, è l’omicidio di Vittorio Arrigoni sulla striscia di Gaza, e la sentenza di primo grado che ha condannato a sedici anni per di carcere, per omicidio volontario, l’amministratore delegato della ThyssenKrupp. Notizie diverse, l’una autonoma rispetto all’altra, ma lungi dall’essere discordanti. E non soltanto nel condividere le prime pagine dei giornali.

Quanto è accaduto in Palestina lascia interdetti. In primo luogo perché pare ripetersi, secondo una scadenza agghiacciante, l’ennesima dimostrazione di come il fanatismo religioso possa degenerare nella più vile barbarie antidemocratica, e pertanto nel più irragionevole ostracismo alla diplomazia. Non quella ragionata, bensì praticata a stretto contatto con le frustrazioni di un popolo privato della propria autonomia, e tragicamente predestinato a soccombere sotto la spinta autoritaria di uno Stato illegittimamente impiantato in un territorio che non gli appartiene, e supportato dall’autocrazia delle potenze occidentali. Secondariamente perché, contro ogni possibile principio di ragionevolezza, ad uccidere Arrigoni non sono stati gli israeliani, ma i palestinesi. Un gruppo di palestinesi. E come sempre quando la realtà varca i confini dell’irrazionale, quando non sono i tuoi nemici a pugnalarti alle spalle, ma coloro per i quali ti stai battendo, l’ipotesi dello smarrimento è legittima. L’ipotesi dello sconforto è legittima.

Un po’ come accade per il caso ThyssenKrupp. Anche se, in questo frangente, ad essere fondata è l’ipotesi dello stupore. Stupore nel constatare come a volte, per chi sbaglia, non esista altra via se non la possibilità di espiare le proprie colpe; stupore nel riconoscere come talvolta, ma solo talvolta, la storia parteggi per i giusti, gli indifesi, i martiri. Stupore nello scorgere in lontananza la luce fioca di un risanamento, che appiani le disparità, eluda l’autarchia del più forte e alimenti il focolare della ribellione.

Il caso Arrigoni e il caso ThyssenKrupp sono le facce di una stessa medaglia. L’una deflagrante nella sua drammaticità, nel suo triste epilogo e nella sua nefasta portata pessimistica. L’altra risanante, e rappresentativa di una riscossa, seppur parziale. Perché nessuno riporterà in vita i sette operai morti in quel rogo. E perché la consapevolezza che la loro salvaguardia sia stata barattata in nome del solo e utile profitto suona come la peggiore delle empietà. Ma la valenza simbolica di questa doppia compagine è forte, e sarebbe sbagliato sottovalutarla. Perché se è vero che con la morte di Vittorio Arrigoni qualcuno, ancora una volta, ci ha voluto dimostrare come la lotta, spesso, debba scontrarsi inevitabilmente con l’ottusità di pochi, ma determinanti emissari del disordine, il caso Thyssen, al contrario, è rappresentativo di una speranza, che rimasta sopita troppo a lungo, ha saputo imporsi, oltrepassando malumori e comprensibili diffidenze.

Non sono un profeta, e non ho idea di quali potrebbero essere le conseguenze alla morte del giovane volontario italiano in un contesto già molto precario come quello della Palestina, lacerata, oltre che dall’ormai decennale conflitto con lo Stato di Israele, da profondi squilibri interni alla sua linea governativa. Non so se Hamas riuscirà a porre freno all’intransigenza dei salafiti, i sedicenti difensori della causa palestinese che si sono accaniti proprio contro la persona che a quel popolo stava dedicando la vita. E non so se a questa seguiranno altre violenze, pur confidando sempre nel buon senso delle parti in gioco.

La cosa certa è che questo episodio non può rappresentare l’epilogo di un’utopia che è tale in senso assoluto, ma necessariamente concretizzabile nella specificità di un’azione umanitaria mirata, e coadiuvata da un impegno gratuitamente spontaneo.

Proprio come è successo alle famiglie dei sette operai della Thyssen, che pur lottando per una causa ambiziosa nella sua accezione più universale hanno fatto sentire la loro voce.

E sono riusciti a farsi capire.

L’economia mi fa schifo

L’economia mi fa schifo.

Non parlo della materia naturalmente. Parlo del nostro sistema economico.

Ditemi: voi – in generale – siete contenti di come vanno le cose? Esci, vai a comprare il pane, le sigarette, paghi le tasse, paghi la benzina, paghi il parcheggio, paghi l’autostrada, paghi il gelataio e paghi addirittura tuo figlio in vitro! Lavori le tue otto ore al giorno, in un ufficio, in un cantiere, in un ristorante, in una casa chiusa.. Ah no, dimenticavo, le hanno chiuse i perbenisti negli anni 50. Grazie a voi ora le strade sono piene di ragazzine dell’est costrette ad aprir bocca solo per fare pompini, così da non aumentare la dose di botte che quotidianamente ricevono dal loro pappone. E’ bello che garantiate così tanta sicurezza e rispetto ai più deboli! Vi ringrazio cordialmente, ma non mi inchino. In un ambiente del genere, potrebbe essere rischioso..

Ma chiudiamo questa mortale parentesi amorale amaro-ironica, e concentriamoci sul succo del discorso. Dopo aver percorso il passaggio guadagni-spese, il circolo continua nella spirale borghese di accumulo-reinvestimento. Guadagnare, farsi il culo quadrato, e reinvestire il proprio denaro al fine di incrementare il capitale, e così via. Un criceto che corre ammazzandosi le zampette, fissando allettato le scritte: “lavoro fisso”, “una famiglia”, “tanti bei pargoli e una felice vecchiaia con le emorroidi”.

Non si tratta più di lotta di classe. Non c’è nessuna classe che viene sfruttata. Ci sono i più poveri sì, che riescono ad accumulare ben poco, ma anche loro desiderano accumulare. Guardatevi, siamo noi! Noi che ci auto-sfruttiamo, noi che siamo talmente invischiati in questo sistema autodistruttivo da spesso non accorgercene! Ne siamo impregnati, piombi come spugne in un mare di petrolio, gabbiani dalle ali di colla mai più capaci di volare, e più propensi ad aprire il becco per ingurgitare nuova merda.

Penso che questo sistema sia dannoso per noi stessi. La mia non è tanto una critica a questo sistema in quanto tale (l’applicazione del marxismo non ha fatto tanto di meglio no?), ma una critica a come si applicano i sistemi, agli effetti che i sistemi economici hanno sulle persone in quanto esseri dotati di anima.

Quanto tempo avete passato con vostro padre da piccoli? Oh sì, qui tocchiamo un punto debole per la maggioranza delle persone credo. Papà era al lavoro.

Non è più necessaria una fabbrica perché l’uomo si senta una macchina alienata. E’ già una macchina in partenza. Sforna-soldi, sforna-figli, sforna-balocchi-baldracchi. Pensa a se stesso in maniera economica ed egoistica. Il tempo che l’uomo moderno dedica all’amore del suo io spirituale, alle persone che ama, alla semplice fruizione e analisi della vita, credo sia ben poco. Quanto la gran parte delle persone si conoscono? Perché buona parte delle persone rischia di definirsi automaticamente col proprio ruolo sociale?

Mi chiedo come possiamo superare l’attuale sistema, soprattutto da un punto di vista economico, visto il topic dell’articolo. Se sia possibile attuare qualcosa di diverso, un’evoluzione.

A meno che non la riteniate.. scomoda.

Il professor Renato Priapo

Il professor Renato Priapo (nella foto) ci mostra i progressi della sua lozione per farsi crescere un anello da soma sulla testa. 

Renato Priapo è ordinario di Urologia all’Università degli studi di Udine. Ha conseguito una specializzazione in astrologia comparata. Famoso oltre i confini nazionali non solo per aver predetto il matrimonio tra Kate Middleton e il principe William, ma anche per aver svelato al mondo che sono fratelli. La sua duratura collaborazione con Paolo Fox ha da poco dato alla luce l’illuminante opera “Pene d’amore“, un trattato in dodici volumi (uno per ogni segno zodiacale), dove in un mediocre italiano i due autori lanciano l’ardito anatema: << e se in realtà fossimo tutti omosessuali?>>. La Cei ha messo all’indice l’opus magnum e condannato al rogo il professore. A prendere le difese del luminare c’ha pensato il consigliere regionale Nicole Minetti (nella foto):<< Basta con queste persecuzioni mediatiche. Il professor Priapo è un uomo tutto d’un pezzo>>.

Le maglie della giustizia: Nicole Minetti, consigliere regionale della Lombardia, indagata per favoreggiamento della prostituzione, in uno dei suoi migliori momenti come consigliere.

Care Lettrici e Fedeli Lettori,
Sono Renato Priapo, docente di Urologia alla facoltà di medicina dell’Università degli studi di Udine. Da anni, parallelamente alla mia attività di professore, seguo con passione i movimenti delle stelle che sembrano indicarci la via per l’Assoluto. Insieme ad alcuni colleghi astrologi, tra cui l’amatissimo Paolo Fox, abbiamo ideato una nuova astrologia, con nuovi segni zodiacali, tutta dedicata al sesso. Il sesso, secondo molte teorie, sarebbe l’unico motivo per il quale ci troviamo qui ed ora. Difficile negarlo. Ma il sesso è anche gioia, condivisione, inclusivismo, cene ad Arcore. Persino in televisione, difficile da credere, c’è del sesso. Persino mentre facciamo l’amore c’è di mezzo il sesso. Ecco a voi quindi, l’esclusivo Oroscopo del professor Renato Priapo.

Il Martello (valido dal 1 marzo al 18 maggio dalle 8.00 alle 20.00 orario continuato esclusi i festivi).
Caro prof. Priapo,
Mi chiamo Mirko e scrivo dalla provincia di Verbania. Da qualche giorno ho un grosso problema. Quando mi alzo la mattina, provvisto come sempre di una poderosa “morning glory”,  noto che il testicolo sinistro è decisamente più grande di quello destro. E’ normale oppure dovrei farmi vedere da uno specialista?

Caro Mirko. Come medico suggerirei di non preoccuparti, infatti la spiegazione è presto detta. Al nord l’uomo non è disceso dalla scimmia come si è sempre sostenuto, bensì dal pastore tedesco. E si sa che al pastore tedesco lo scroto scende in maniera irregolare. Questo non ti impedirà, qualora tu voglia avere sulla coscienza un futuro precario, persino di procreare.

Il Tabarroni (valido nei mesi invernali anche come sky pass).
La stella Tabarra è quella che dà il nome alla costellazione del Tabbarrone e simboleggia la Virga. La potenza dei lombi, la temperanza della filosofia, il coraggio di colui il quale prova a far quadrare il bilancio. Opposto alla Stella Gelmini che guarda di sottecchi con diffidenza, Il Tabbarrone ama soltanto la sua copia autografata di Duns Scoto.

Il Lemure (valido dal 1° gennaio al 3 gennaio nell’emisfero di giù).
Sebbene il lemure sia naturalmente portato ad essere allergico ai pollini, lo sguardo allampanato è dovuto all’assunzione e alla dipendenza dall’mdma. Ma non allarmatevi, potrete passare alla cocaina quando volete. Il Lemure è riconoscibile non solo per la curiosa particolarità di non sbattere mai le palpebre in pubblico, ma anche per essere premuroso ed ipersensibile agli avvisi di errore di Windows. Dalla sua morbida pelliccia è possibile ricavare dei calzari alati come quelli del dio Mercurio, per i mesi invernali.

Il calzascarpe (valido per tutte le donne).
E’ scientificamente testato che mentre una donna sta avendo un orgasmo, la sua mente automaticamente collega quell’estremo atto di piacere all’idea di calzare una scarpa nuova. Non importa se la comprerà o meno, se si tratta di una ballerina o di uno stivalone in pelle di Azande, oppure se si tratta di una di quelle situazioni da film porno in cui sarete indecise se usare il calzascarpe o il dotato inserviente in pelle di Azande che gestisce la boutique di Jimmy Choo.

L’ignoranza (valido per tutti gli uomini che hanno una donna).
Sapere dell’esistenza di Jimmy Choo, senza sapere chi sia, cosa faccia e soprattutto se sia o meno un muso giallo, non ha prezzo.

A presto per una nuova rubrica del prof. Renato Priapo.

Two roads diverged in a wood, and I-I took the one less traveld by (Sir Robert Frost)

Frequentando un corso di lettere e filosofia, è quasi inevitabile doversi imbattere in qualche opera filosofica più o meno consistente, giudicata tale da chi la propone come oggetto di studio. Indubbiamente se si sceglie un tale indirizzo di studi è proprio perché certe letture non le si vuole evitare, ma ci si vuole sbattere contro. Gli incontri

sono spesso suggestivi, ma altrettanto spesso necessitano di protezione nel cammino, data la difficile comprensione. “Mi batterò, finché dalle mie ossa non si stacchi la carne a brandelli. A me l’armatura.” dice Macbeth sapendo dell’arrivo di un esercito ben più numeroso del suo. E spesso è questo sentimento che ci prende dal profondo, dovendo affrontare la Filosofia. Tuttavia, filosofia è indubbiamente sinonimo di produzione, e questa armatura sarebbe fedele compagna anche nei nostri tentativi di metterci a confronto con prodotto ha già. Scomodamente seduto nel mio involucro di latta, inizio a produrre, sapendo che son protetto da grinte, ghigni e prese per il culo.

La filosofia dell’errore vuole essere un modo di riconsiderare la realtà, e di rivalutare il negativo per renderlo produttore di positività. Il primo impatto col mondo della filosofia è sostanzialmente intriso di una spasmodica ricerca della perfezione. Io propongo una serena attesa dell’imperfezione, che è tale perché nasce dall’errore. L’errore come fonte di conoscenza, moralità, verità, bellezza.

Gnoseologia : Che cosa posso conoscere? Qual è la verità? Porre una verità come tale potrebbe risultare controproducente. Cerco di capire intanto cosa posso conoscere; senza ombra di dubbio posso conoscere le mie opinioni e i miei pensieri. Tralasciando i problemi metafisici sul fatto della nostra esistenza reale o meno, nessuno potrà negare che io conosca le mie opinioni. Partendo inoltre dal presupposto che il mondo in cui viviamo sia essenzialmente uno spazio comunicativo, è logico affermare che oltre alle mie, evitando i difetti di veicolazione del messaggio, io possa conoscere le opinioni degli altri. Giunto a questo punto mi trovo di fronte alla possibilità di stabilire quale sia la verità. La verità risiede nell’errore, è una verità storica, cioè incline al suo tempo, e quindi come tale passabile di cancellazione. Non una verità assoluta, ma una verità meno sbagliata delle altre. Un pensiero dominante. Scorrere duemilacinquecento anni di filosofia in cui si è sempre chini alla ricerca della Verità, ci ha forse indotto a credere che questa dovesse per forza esistere. In realtà non è così. La verità è un pensiero particolare, non assoluto, perché solo essendo particolare avrà la possibilità di essere attaccabile da meno punti di vista possibili. E comunque ancora non sarebbe che un prodotto storico, frutto del nostro errore. Se la verità è particolare e soggetta al cambiamento, allora è stata tale perché noi ci siamo sbagliati. Abbiamo creduto ad una verità partendo da un errore, ma è stato quell’inconsapevole errore di produzione a scatenare la ricerca dell’errore stesso. L’errore è insito alla verità, ne è la causa sostanziale, ed è il motore del superamento della verità.

Qualcuno potrebbe obiettare: e le verità matematiche? Difficile credere che possano essere sbagliate, nemmeno io le oserei mettere in dubbio. Sostenere che Pitagora sia partito da un errore è alquanto paradossale. Ma forse è possibile accettare queste verità per ciò che sono; la matematica non fa parte di ciò che conosciamo. La matematica è una sovrastruttura di questo mondo: come l’errore è connaturato alla verità, così la matematica è connaturata alla realtà. La matematica non è qualcosa che conosciamo, ma è qualcosa che viviamo, e sostenere che stiamo vivendo il frutto di un errore ci toglierebbe ogni possibilità di proseguire la ricerca, perché se così fosse, si dovrebbe cercare un mondo che possa superare quell’errore, di cui noi però facciamo parte.

Epistemologia: le verità matematiche sono quindi tale non per il fatto che siamo noi a renderle tali, ma perché è nella loro natura essere su un piano ontologico differente dal nostro. Ragionare sulla natura della scienza può essere utile, e diventa piuttosto semplice dopo aver ragionato sulla nostra gnoseologia (e diventa ancora più semplice sapendo che pezzi da novanta della filosofia si sono già cimentati in questo). Scientifico è ciò che riesce a spiegare il maggior numero di fenomeni con la maggior semplicità, ed è intrinseco allo scientifico essere erroneo: saremo sempre in grado di trovare una teoria scientifica migliore di quella precedente in grado di spiegare le stesse cose della precedente ma anche una confutazione osservata per quella teoria. E col miglioramento delle nostre capacità osservative, garantito dal progresso tecnologico, troveremo sempre un maggior numero di errori alle nostre teoria, e saremo quindi in grado di produrre teorie più scientifiche delle precedenti.

Estetica: da Platone in poi la filosofia ha sempre cercato di dare una definizione del Bello. Poi qualche burlone si è inventato che il Bello era il Brutto, e allora lì c’è stato da ridere perché ci volevano far credere tutto e il contrario di tutto. L’incapacità cronica di identificare il bello deve essere ricercata non tanto in una nostra mancanza, quanto piuttosto nella mancanza del Bello. Con ciò non voglio dire che al mondo non esista il bello, ma semplicemente mi limito a constatare che il bello è mutevole e plurale. La caratteristica primaria del bello è la realtà, e non ci può essere realtà estranea all’errore; sostenere che il bello è perfezione è mancanza di giudizio critico. Il bello sta nella valorizzazione dell’errore, nel suo inserimento armonico in un contesto che suscita in noi un sentimento di partecipazione. Il bello è ciò che provoca un sentimento di riconoscimento nel’imperfezione. Senza l’errore, senza l’imperfezione, non potremmo sentire la bellezza.

Etica : l’etica è frutto dell’errore perché la nostra capacità sociale, il nostro riflettere partecipativo muove dall’analisi di conseguenze e dall’esclusione delle conseguenze più negative dal novero dei nostri possibili sviluppi. L’etica nasce dall’errore perché è l’ipotetica situazione sbagliata che ci permette di comprendere e apprezzare l’agire morale. L’errore in etica agisce da deterrente e noi conformiamo il nostro comportamento per differenza, per sottrazione: dalla totalità delle azioni, toglierò quelle che hanno le conseguenze peggiori ed otterrò l’azione morale.

La valutazione delle conseguenze si basa su una semplice legge di natura economica, e cioè nella massimizzazione dei profitti di tutti i partecipanti all’azione.

Ora, rileggendo questo mio exploit noto delle falle pazzesche nel mio ragionamento. Ma chi se ne frega! Il bello è il sentimento di partecipazione all’errore, e questo mio pensiero è proprio bello.

Scritto e pubblicato da Callraiseallin